La riforma del condominio ha introdotto due nuove cause di invalidità
riguardanti le delibere assembleari, nello specifico si tratta di
nullità:
- Cambio di destinazione d’uso delle parti comuni
(art.1117-ter c.c.) – Viene introdotto l’obbligo di indicare nella
convocazione dell’assemblea , le parti comuni oggetto della modifica e
la nuova destinazione d’uso, pena la nullità;
- Nomina
dell’amministratore condominiale (art. 1129 c.c. co.14) - L’art. 1129
prevede che l’amministratore all’atto dell’accettazione della nomina e
del suo rinnovo, debba specificare analiticamente il valore del compenso
per l’attività svolta, pena la nullità della nomina stessa.
Facciamo
un passo indietro, cosa intendiamo per cause di invalidità? Quali sono
le differenze tra annullabilità e nullità delle delibere assembleari?
Quali sono le conseguenze che scaturiscono da questi vizi?
- Le delibere “nulle”
sono quelle delibere prive degli elementi essenziali, le delibere con
oggetto impossibile o illecito, le delibere con oggetto che non rientra
nella competenza dell’assemblea, in generale le delibere che incidano
sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini;
- Le delibere “annullabili”
sono quelle delibere che hanno vizi relativi alla regolare costituzione
dell’assemblea, le delibere adottate con maggioranza inferiore a quella
prescritta dalla legge o dal regolamento di condominio, le delibere
affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali,
convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o
di formazione dell’assemblea.
Ma come può difendersi un condomino quando si trova di fronte ad un vizio che invalida la delibera?
- Le delibere “annullabili”
possono essere impugnate davanti all’autorità giudiziaria entro 30
giorni dalla data di deliberazione (per i condomini dissenzienti),
oppure entro 30 giorni dalla data di comunicazione (per i condomini
assenti all’assemblea). Se le delibere non vengono impugnate entro il
termine sono comunque valide ed efficaci per tutti i condomini;
- Le delibere “nulle”
possono essere impugnate davanti all’autorità giudiziaria in ogni tempo
da chiunque ne abbia interesse, derogando al termine di prescrizione
previsto dall’art. 1137 c.c..
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