È infatti saltato l’intervento che inizialmente doveva essere confermato
nel decreto IMU, con il Governo che ha fatto dietro front anche sul
ripristino dell’IRPEF per gli immobili sfitti, ovvero sulla misura che
faceva figurare al 50% la rendita catastale di seconde case e immobili
non locati nel reddito imponibile. Due interventi correlati tra loro
perché l’uno, l’imponibilità delle rendite catastali il cui gettito
stimato era di 1,6 miliardi di euro, avrebbe dovuto compensare l’altro,
la deducibilità IMU per capannoni e immobili strumentali.
A
tranquillizzare imprenditori e professionisti il sottosegretario
all’Economia, Pier Paolo Baretta: la deducibilità dell’IMU per gli
immobili strumentali «è un elemento che costituisce l’equilibrio
complessivo dell’accordo sull’IMU e, al massimo con la Legge di
Stabilità, bisognerà renderla operativa. La deducibilità sui capannoni è
un impegno solenne preso con le imprese e bisogna onorarlo». Si tratta
di una soluzione, quella della deducibilità al 50% a fini IRES ed IRPEF,
che già lasciava l’amaro in bocca ad imprese e professionisti che
chiedevano a gran voce anche la deducibilità IRAP e che ora rischia di
venire meno. In generale, lo ricordiamo, l’IMU sugli immobili
strumentali incide per il 40% sul totale versato, quasi 10 miliardi di
euro.
L’unico intervento attualmente in vigore a favore delle
imprese riguarda il settore dell’edilizia, tra i più colpiti dalla crisi
economica, e gli immobili invenduti, per i quali l’IMU è stata abolita.
Per la CNA, tuttavia, la cancellazione dell’IMU sugli immobili
invenduti sarebbe un semplice palliativo per le imprese, mentre sugli
artigiani stanno per abbattersi macigni quali l’aumento dell’IVA e la
nuova service tax (TASER), oltre alla TARES che per quest’anno resta in
vigore. Mettere in stand by le imprese, in attesa per la possibile
deducibilità IMU, secondo la CNA, confermerebbe il trend di questo
Governo che sottovaluterebbe la crisi e continuerebbe a «somministrare
un leggero calmante ad un malato in pericolo di vita». La CNA ricorda
che ben il 63% delle imprese ha chiesto finanziamenti per riuscire a
fare fronte alle ultime scadenze fiscali e sottolinea come la riduzione
del cuneo fiscale sulle imprese debba diventare una priorità per il
Governo, per garantire la sopravvivenza del tessuto produttivo del
Paese. Proprio per questo la CNA assicura che continuerà a battersi per
evitare l’aumento dell’IVA che rischia concretamente di affossare i
consumi. Invece di andare ulteriormente a penalizzare famiglie e
imprese, il Governo e le Amministrazioni locali dovrebbero ridurre le
imposte sul tessuto economico (IVA compresa, per rilanciare il mercato)
senza tentare di riproporle sotto mentite spoglie.
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